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ASTRIT LULUSHI-di Maria Teresa Liuzzo (Direttore della rivista di Cultura Internazionale LE MUSE-Italia)

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  • প্রকাশিত: বুধবার, ৫ জুন, ২০২৪
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ASTRIT LULUSHI

 

SCRITTORE DI RICONOSCIUTO TALENTO INTERNAZIONALE

 

di Maria Teresa Liuzzo (Direttore della rivista di Cultura Internazionale LE MUSE – Italia)

 

Scrittore di riconosciuto talento internazionale, persona poliedrica, versatile e sensibile, d’intensa interiorità, le cui doti sa esprimere mediante un’indicibile docilità ai momenti che emanano l’ispirazione. / Briciole di sogni / non so dove nasce il giorno / e dove muore la sera. / Riempi il cielo di lacrime e parole / come il mare che va e poi ritorna. / Chiudo gli occhi quando / il vento mi accarezza con le tue mani / bacio la tua carezza e abbraccio il tuo dolore. Ideale che si pone tra l’esperienza metafisica e il reale nella concretezza di ciò che la sua scrittura suggerisce. Si colgono gli elementi essenziali e primordiali della natura, come il sole, il cielo, il mare nella sua simbologia che evoca mistero e profondità, e molteplicità dai linguaggi e significati che rimandano al pensiero estetico quasi a una catechesi del bello, del sublime; come fine ultimo si spande nella luce del creato di cui l’essere è parte e collima con l’immenso che la bellezza della sua arte e l’infinito mistero riassume. Una bellezza esigente che si confonde con il divino che incontra la bellezza domestica, feriale che sa farsi leggere, comprendere, codificare nell’alfabetizzazione di una verità nascosta; una bellezza che provoca l’emozione della ragione con la fecondità che essa suggerisce anche all’antropologia e alla filosofia nei suoi vari e articolati rivoli di riflessione teoretica. Una riflessione che si pone tra l’ideale come esperienza metafisica e il reale nella concretezza. L’amore è capace di fare poesia nei momenti più impensati, la poesia lo avvolge in un dolore muto che diventa catarsi, forse perché il dolore prima di essere superato deve essere pianto. Lo splendore si è concretizzato sfogliando le ombre sul suo viso, sulle sue fattezze di uomo. La sua parola arde forse perché lui ha qualcosa che gli altri non hanno. Il suo verso è preciso e impeccabile, in quel suo doloroso silenzio che ho colto come una rosa nell’immenso. Le scelte dello Scrittore Astrit Lulushi sono fatte con oculatezza e meditazione. Basta immedesimarsi nelle sue parole, in definitiva viverle. Si perde tempo prezioso che potrebbe fare della nostra vita reale un’esistenza diversa. E’ come gettare dadi e affidarsi alla sorte facendo del nostro esserci un gioco d’azzardo. Si può vincere, godere o barare. Nessuno sa cosa accadrà dopo, in quanto nessuno può presagire il futuro né avere un appuntamento preliminare con il destino. Ma lo Scrittore ne esce vittorioso. Egli lottando e soffrendo ha ritrovato se stesso. Ha attraversato la notte ”oscura” e viaggiato verso orizzonti diversi e certamente migliori. Nulla è perso quando si vive davvero. C’è nei suoi versi una notte insonne di dolore rimasto sotto pelle, che è servito nel tempo a fargli conoscere la direzione del vento e a trovarsi in un posto del cuore che non aveva previsto, che gli ha permesso di scoprire il mare dove non c’è. Perché è insito negli occhi e nel cuore. Sappiamo che quando qualcuno o qualcosa (poesia) ci presta attenzione ci riporta in vita. Coloro che non sono innamorati della bellezza, della giustizia e della sapienza sono incapaci di pensare. – L’equazione non fa bene alla democrazia. Dire che tutto è uguale non è conquista di civiltà, è nichilismo … solo il bene ha profondità, e può essere radicale. (Hannah Arendt, La banalità del male). Versi dove incontri la felicità, spesso mai vissuta. E’ un bacio rubato, un pensiero intenso, la pioggia che ti sorprende sotto il sole, una specie di transfert. Un’emozione improvvisa che ti fa respirare il momento presente, che ti fa vivere l’istante, chiudere gli occhi e ascoltare i battiti del nostro cuore. Fare dei nostri pensieri un volo di colombe con le ali dischiuse, rendendo prezioso tutto ciò che la coscienza non accetta e tende ad occultare. Ma l’inconscio ha un ruolo. E’ come un frutto diviso in due in cerca di pulsioni rimosse per scoprire l’altra metà di se stesso. Così la parola abiterà il mondo che si è creata, lontano da ogni ferita. Proprio chi nella sofferenza ha perso tutto risorge dal proprio dolore, pronto a donare tutto l’amore che ha dentro. Perché nulla è impossibile quando vivi davvero. Vorremmo che il tempo si fermasse, vorremmo, a volte, un nuovo passato da rivivere come una favola. Un paesaggio sereno, un cielo che ci faccia sognare e dimenticare la tristezza, il nostro abbraccio che raccoglie le stelle che attraversano le nostre vene e amiamo le sole cose che ci restano accanto. Ogni uomo reca in sé il germe, tutte le qualità umane, e talvolta ne manifesta alcune, talvolta altre, e spesso non è affatto simile a sé, pur restando sempre unico e sempre se stesso”. (Lev Nikolaevic Tolstoj 1828 – 1910, Resurrezione). La scrittura è un amante segreto che ci ama in silenzio senza fare rumore e ci troviamo innamorati come la luna che si specchia nel mare. Il suo bacio che ci sfiora svela il mistero della vita, l’immensa bellezza che ci tiene per mano accarezzandoci l’anima. Il nostro viaggio è nel presente. Astrit Lulushi ci insegna che l’amore vero allontana gli affanni come il vento che stacca le foglie dai rami e quella pace che filtra è luce che ci accarezza come il vento innamorato fra le spighe. ”E mi piace tacere perché voglio / ancora e sempre ascoltarti”. Basta soffermare lo sguardo sulle radici profonde che assomigliano alle nature erotiche e ci danno il senso dell’infinito. Lo scopo di questo grande Artista non è quello di persuadere, ma di fare riflettere, avere passione e onestà per la ragione che ci distingue dalle bestie. La parola è un corpo che trasmette desiderio, perdizione, follia come una corsa affannosa che riempie d’aria i polmoni. La parola ci sorregge, diventa amore. E’ sapienza che genera armonia tessuta dalla melodia di un canto divino. La parola consente di esprimere stati d’animo e sentimenti da esternare, a volte, con la difficoltà di rivelare l’intensità e la forza potente dell’amore. L’amore che consente di uscire da sé, rivelando tuttavia, un minimo di ciò che l’amore stesso induce a provare. IO ho cercato un ”TU” per completare il mio ”io”. Nel ”Tu” io provo gioia ed emozione insieme a sensazioni che trovano eco in una dimensione trasfigurante e quasi catartica di me stesso. Tu mi accompagni nel compiersi di questa profonda esperienza umana ed interiore insieme. Ci si può avvicinare alla verità ma non possederla per intero. La perfezione non esiste. E’ come la bugia che è stata costruita a regola d’arte. Tutto ciò che è perfetto è morto, in quanto finito quando la realtà diventa narrazione perché la scrittura ascolta le tue parole e ti ama così come sei. Astrit Lulushi è scrittore che sin dall’inizio costruisce senza volere il mito di se stesso. Qui è preferibile rimuovere le sue carature, che, se da una parte è lo scrittore che sente diverso da sé il falso scrittore, dall’altro lato invece c’è il genio artistico riconosciuto, maestro della prosa del 900′ e apportatore di uno stile che nella sua stringatezza, nella sua incisività rappresenta l’espressione più significativa e innovativa del ‘900 e oltre. Il suo è uno stile straordinario per la sua capacità di evocare con poche parole, pochi tratti, la realtà nascosta, la realtà che il lettore può intuire attraverso il testo, la realtà nascosta dentro ciascuno di noi, quella della quale non guardiamo di solito, quella che abbiamo paura di confessare, quella che non ci ripetiamo quando siamo soli per paura che qualcuno ci possa sentire. Quella realtà dove sappiamo poco di noi stessi e della Storia perché senza di essa la nostra vita di ogni giorno non avrebbe senso. E’ dunque, il cantore del nostro io inconfessato, il cantore che dice le cose che né noi né altri abbiamo il coraggio di dire. Lo Scrittore descrive il sangue della guerra, della natura, degli animali feriti, delle flagellazioni, dei genocidi, che dal punto di vista psichico-dinamico, altro non è che il disagio interiore e una tormentata sofferenza. Troviamo un meccanismo di vita in qualche modo disperata che è quella del tunnel e dall’altra il meccanismo sublimatore della sua opera letteraria in cui si esprime la voglia di volare e di potersi perpetuare al di là della distruzione del corpo fisico. Una scrittura che va oltre il contingente e nel senso particolare di Astrit Lulushi va proiettata al di là del tempo e dello spazio. La sua scrittura ha anche la capacità attrattiva per la bellezza femminile al massimo grado perché se la parola non può essere posseduta non può essere amata. Anche in questa dialettica tra potenza del possedere e l’impotenza del reale, si gioca il dramma del doppio. In ciò il superamento del disagio interiore non superato attraverso meccanismi di autodistruzione, ma è attraverso una spinta interiore che si ricevono meccanismi di sublimazione. Infatti questa persona straordinaria han ben superato questa lunga fase critica perché la scrittura è diventata la sua donna, il suo sostegno, qualcuno in cui rispecchiarsi; persino un pensiero può essere considerato entità di una voce amica, per non morire soli senza nessuno accanto. Determinati fenomeni hanno attraversato la vita dello scrittore e conservano una parte di sé. Un processo chiarificatore che assicurerà che ognuno di noi può raggiungere ”quel posto illuminato”, che ci può garantire un posto nella sfera dell’umano. Prosa e poesia si fanno allora sempre più testimoni del tempo, prendendo posizione nei confronti dei problemi mondiali più significativi. La scrittura diventa cronaca che registra evento e memoria di essa (guerra, repressioni, attentati), assume nuovi registri: il sarcasmo dell’indignazione, l’invettiva della protesta, il tono profetico, l’interrogatorio retorico. La parola diventa turgida, concitata, eloquente, sconfinando nell’oratoria politico-religiosa. In lui troppo vivo e prorompente è il bisogno di urlare il suo credo, e come un novello Savonarola, esprime la sua infuocata condanna. Il suo è un messaggio di pace, di giustizia come strumento capace di trasformare la Società e di dare un nuovo corso alla Storia, lontano dall’esperienza di odio che divide in nome di un Dio che dovrebbe esserci ma non si fa vedere. Ogni parola di Astrit Lulushi è un’opera che si apre a una visione globale universale. La sua scrittura è anche pittura. In essa traspare un io, a volte irrazionale che evade per sprofondare nella sua ”alba interiore” e offrirci immagini cosmiche immerse in atmosfere astratte. Icone preziose che raccontano il senso dell’umano e del divino in un linguaggio espressivo, straordinario (solo suo), che potremmo definire per la sua unicità: ”metamorfosi del non limite”. Se osservassimo le immagini capovolte vedremmo un calice di speranze che danno ad ogni opera una grande pregnanza lirica. Questa grande serie di episodi apocrifi e immaginifici tendono a rappresentare lo spaesamento dell’uomo di fronte all’epifania totale del Sacro, alla sua immensa e inabissale ferita- Una rivelazione della Sacralità che, come nel Teorema pasoliniano, mette allo scoperto tutte le paure, le viltà e le ipocrisie dell’essere umano. Una scrittura dunque, quella di Astrit Lulushi, che si fa sempre più testimone del tempo, prendendo posizione dei problemi mondiali più significativi. In Lulushi il tòpos è la teorizzazione organica e razionale sia negli scritti filosofici che nei romanzi. La conclusione è che se il male (malessere, angoscia, disagio) non è eliminabile può tuttavia essere contrastato attraverso la denunzia, la contestazione, la condanna della violenza e della guerra, dell’ingiustizia sociale, tutti fattori che generano il ”mal de vivre” e, nei casi estremi anche attraverso il suicidio. Uno sguardo attento e rapito potrebbe indurre a parlare di una teologia della bellezza che promana dalle osservazioni dei suoi concetti. Ed io aggiungo, facendo riferimento all’ermeneutica, epistemologia, assiologia: Astrit Lulushi, è oltre l’iperuranio platonico! Un uomo che non ama i riflettori e l’unica dote che si riconosce è la modestia. Come dice Agostino d’Ippona: ”Entra in te, lì troverai la luce”. Nonostante il dramma umano che percepiamo c’è anche una realtà fatta di sogni. Spesso nel silenzio si viola la parola ma si fa presenza l’assenza. Si accoglie il mistero dell’altro. Si scopre un’altra dimensione, quella che è riuscita a completarci. Perché chi possiede un cuore grande come il nostro scrittore Astrit Lulush, non può che possedere un’anima immensa.

 Sincerely Thanks 

Maria Teresa Liuzzo

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